Pubblicato su politicadomani Num 83/84 - Settembre/Ottobre 2008

Scuola
Il Governatore e la scuola
Un ritardo da colmare
Estratto dalle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia all’Assemblea ordinaria dei partecipanti per l’anno 200 – Roma, 31 maggio 2007

di Mario Draghi

La trasformazione produttiva è ostacolata da un contesto istituzionale che rimane carente, anche se alcuni progressi non vanno taciuti. La riduzione della disoccupazione è l’unico, importante, aspetto che vede l’Italia in linea con la tabella di marcia prevista dall’agenda di Lisbona. Nell’accrescere il tasso di occupazione, specie delle donne e delle coorti più anziane, nell’istruzione dei giovani, nella formazione della forza lavoro, nella riduzione del rischio di povertà, nell’attività innovativa, nel rispetto dei vincoli ambientali, il Paese è indietro; spesso più della media europea.
Segnalai l’anno passato aree d’intervento strutturale di particolare rilevanza ai fini della crescita dell’economia e delle sue imprese. Vorrei tornare su taluni di quei temi, anche alla luce degli sviluppi da allora trascorsi.
L’istruzione si conferma al primo posto fra i campi dove un cambiamento forte è necessario. La bassa collocazione del nostro sistema scolastico nelle graduatorie internazionali ha una caratterizzazione territoriale che merita attenzione. Al Sud i divari nei livelli di apprendimento sono signi. cativi già a partire dalla scuola primaria, tendono ad ampliarsi nei gradi successivi: un quindicenne su cinque nel Mezzogiorno versa in una condizione di “povertà di conoscenze”, anticamera della povertà economica. Il ritardo si amplia se si tiene conto dei più elevati tassi di abbandono scolastico. L’esistenza di un divario territoriale così marcato mostra che il problema non sta solo nelle regole, ma anche nella loro applicazione concreta.
In Italia il reclutamento dei docenti, la loro distribuzione geografica e fra le diverse scuole, i percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano, a stadi diversi, precarietà e inamovibilità. La mobilità ha scarso legame con le esigenze educative, con meriti e capacità: ogni anno più di 150 mila insegnanti su 800 mila cambiano cattedra in un travagliato percorso di avvicinamento alla posizione desiderata. Pesa il ritardo nello sviluppo di un efficace sistema di valutazione delle scuole, che nell’esperienza degli altri paesi appare indispensabile complemento dell’autonomia scolastica. Per cambiare la scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi che la penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le responsabilità della scuola pubblica. I problemi nascono qui, non da una carenza di risorse per studente destinate all’istruzione scolastica, che sono invece più elevate in Italia che nella media dei paesi europei.
Ancor più diretto e immediato, per un’economia avanzata, è il contributo allo sviluppo dell’università. Alcuni importanti interventi degli anni passati, dall’autonomia finanziaria alla valutazione della qualità della ricerca, attendono di essere portati a compimento. L’allocazione dei fondi pubblici dovrebbe privilegiare il finanziamento diretto degli studenti meritevoli e meno abbienti. Gli atenei dovrebbero potersi fare concorrenza, nell’attrarre studenti e fondi pubblici, con la qualità dei loro docenti e ricercatori, selezionati in base alla reputazione e remunerati di conseguenza.

 

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